TRUST MAGNUM
YOUNNES KLOUCHE
In Svizzera centrale, le aziende internazionali godono di incredibili privilegi fiscali che trovano la loro culla in edifici di enormi dimensioni, molto simili a quelli della City di Londra, simili ad un vero e proprio villaggio, solo che al posto di spensierati turisti vagano per le strade impettiti dirigenti e dipendenti.
La gestione, la ricerca ed il marketing di queste aziende sono localizzati in Svizzera, ma la produzione si svolge in primo luogo nei paesi emergenti ed in via di “sviluppo”, regioni che dispongono di materie prime molto ambite e di manodopera a buon mercato. Unico neo è che in questi paesi i rischi di violazioni dei diritti umani e delle norme ambientali sono di gran lunga maggiori rispetto al mondo industrializzato. Glencore per esempio è una società mineraria e di scambio merci multinazionale anglo svizzera con sede a Baar, è la più grande compagnia commerciale al mondo, nel 2010 aveva quote del 60% nel mercato globale dello zinco, 50% nel rame e 3% nel petrolio. Si può affermare che Glecore possiede in tutto il mondo strutture di produzione per gas naturale, petrolio, carbone, minerali, metalli e prodotti agricoli, oltre ad industrie per la lavorazione del cibo. Le accuse che gravano sulle spalle di Glencore portano un peso specifico non indifferente, le condizioni di lavoro sono sono precarie, sicuramente inaccettabili per le nostre concezioni, per non parlare del forte impatto negativo di queste attività sulle comunità locali e sull’ambiente. Il lavoro di Younès Klouche non vuole veicolare le sue immagini verso un giudizio, né necessariamente usarle come strumento di denuncia di un’eredità eticamente discutibile tramandata da azienda in azienda. L’artista dà accesso ai nostri occhi (in)discreti di entrare silenziosamente in questo paradiso fiscale, immerso in uno dei più bei paesaggi della regione.
Con nessun accesso privilegiato sul posto, la Svizzera Centrale ha permesso a Younès Klouche di osservare ciò che non fa clamore, nascosto dietro edifici dalla facciata opaca o di un nero inquietantemente lucido e riflettente, tanto da colpire anche lo sguardo meno attento.
Come cartoline spettrali, di una nitidezza e un’ eleganza così rigida da risultare quasi violenta, gli scatti di Younès Klouche creano un’esperienza estetica che trapassa l’osservatore come una boccata d’aria gelida. Un freddo tangibile, che ha a che fare con la distanza, l’intoccabilità un mondo che pur manovrando sorti, rimane meticolosamente custodito in un’imperscrutabile bolla di vetro. Nato a Losanna, Younès Klouche si diploma in fotografia presso l’ECAL nel 2015. Attraverso il suo lavoro guarda a soluzioni per ridefinire la fotografia documentaria grazie ad un approccio concettuale e riflessivo. I suoi progetti assumono principalmente la forma di libro, ma sono anche contraddistinti da un forte carattere installativo. Il suo lavoro è stato esposto presso musei Svizzeri ed europei come: Musée de L’Elysée, Bienne Photo-forum, Tate Modern. “TRUST MAGNUM” è la sua prima mostra personale.
In questa occasione YET presenterà una video installazione che completa l’esperienza della rivista cartacea. Il nono numero di YET magazine analizza l’opposizione “Controllo vs Libera circolazione” dell’immagine. Da una parte la fotografia è stata usata sin dagli inizi come strumento di controllo e supervisione da governi, politica e organizzazioni militari. D’altro canto la pratica della fotografia è valutata in misura maggiore a seconda del contesto di utilizzo e presentazione, soprattutto è soggetta a dinamiche di diffusione e condivisione che vanno oltre che la sua creazione.